La scuola italiana non è immobile e del progresso tecnologico e sociale in atto ne sono ben consapevoli anche i docenti. Questa è l’evidenza principale emersa dai primi risultati della Quarta indagine nazionale sulle “Condizioni di vita e di lavoro nella Scuola italiana”, una rilevazione di vasta portata che ha coinvolto quasi 10 mila insegnanti provenienti da 400 plessi scolastici in tutta Italia.
Lo studio, condotto e presentato da un gruppo di ricerca guidato dal professore Gianluca Argentin dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, con il supporto cruciale della Bolton for Education Foundation e l’Istituto Iard, rivela che gli insegnanti attribuiscono alla loro professione un valore sociale sempre più elevato (il 58% la considera una funzione sociale importante, in crescita rispetto al 54% registrato 17 anni fa).
Parallelamente, confermano una notevole soddisfazione intrinseca per il lavoro (l’88% lo sceglierebbe nuovamente), pur registrando un forte peggioramento nella percezione del prestigio sociale. Un segnale chiaro di questa evoluzione è la marcata disponibilità all’innovazione, con il 42% dei docenti che si dichiara favorevole o più favorevole che contrario all’uso dell’Intelligenza artificiale da parte degli studenti per lo studio a casa.
Funzione sociale e competenze
L’indagine, che prosegue una tradizione di ricerca trentennale avviata nel 1990, evidenzia un cambiamento significativo nel modo in cui i docenti definiscono il proprio ruolo. Mai negli ultimi 35 anni la percentuale di insegnanti che vede la professione come scelta per svolgere un’importante funzione sociale era stata così alta (58%). Questa visione prevalente supera nettamente chi concepisce l’insegnamento come mero professionismo basato su competenze specialistiche (fermo al 28%) o come un ruolo assimilabile a quello di un funzionario o impiegato (14%).
In linea con questa crescente consapevolezza del ruolo, gli insegnanti oggi ritengono che la professione richieda competenze più forti e complete rispetto al passato. Due aree in particolare hanno registrato un aumento di importanza:
1. Le abilità legate alla collaborazione all’interno dell’organizzazione scolastica;
2. Le capacità di comprendere a fondo i giovani studenti per creare dinamiche relazionali positive.
Nello specifico, si osserva una crescita marcata dell’importanza delle competenze relazionali nella scuola secondaria di secondo grado: ad esempio, la sensibilità d’animo ha visto un aumento del +25%, la conoscenza dei problemi sociali un aumento del +21%, e le competenze psico-pedagogiche un +19%, conoscenza dei problemi giovanili +16%.
Prestigio sociale in calo
Nonostante questa auto-percezione di centralità e l’aumento delle competenze richieste, i risultati mostrano un acuirsi della percezione che la società non riconosca adeguatamente il prestigio degli insegnanti. La già alta percentuale di coloro che ritengono che il loro prestigio sociale sia calato negli ultimi 10 anni è ulteriormente aumentata, passando dall’82% all’84%. Ancora più significativo è l’aumento (+15%) della quota di docenti che prevede un ulteriore calo della considerazione sociale nei prossimi 10 anni.
Questa apparente contraddizione, tra alta auto-valutazione e basso riconoscimento esterno, è spiegata dall’elevata gratificazione che gli insegnanti traggono dagli stimoli intrinseci al loro impiego. La grande maggioranza (88%) afferma che, potendo tornare indietro, sceglierebbe nuovamente di fare l’insegnante, con una convinzione addirittura maggiore rispetto al passato (+6%).
La soddisfazione deriva soprattutto dagli stimoli culturali e professionali, e dalle relazioni collaborative con i colleghi. Un dato particolarmente notevole smentisce la “narrazione scolastica” che spesso definisce i rapporti con le famiglie come difficili: l’indagine rileva un aumento particolarmente marcato nella gratificazione derivante dai rapporti con i genitori degli studenti (+18%).
Apertura all’Intelligenza artificiale
A dimostrazione del fatto che la scuola è immersa nei mutamenti sociali e non è immobile, l’indagine ha esplorato l’atteggiamento dei docenti verso l’innovazione tecnologica, focalizzandosi sull’uso dell’Intelligenza artificiale (Ai) da parte degli studenti.
Nonostante la consapevolezza dei potenziali rischi, i docenti italiani dimostrano una marcata disponibilità a sperimentare e innovare. Meno di un insegnante su cinque ha espresso un’opinione di chiusura totale (18%) riguardo all’uso dell’Ai a casa per lo studio.
Il 42% degli insegnanti si dichiara “favorevole” o “più favorevole che contrario” all’impiego di questo strumento, con una propensione che cresce naturalmente all’aumentare del grado scolastico.
Il parere degli esperti
“Rappresentare la scuola e gli insegnanti come un monolite inscalfibile, incapace di rispondere a istanze nuove, provenienti dal mondo sociale e dalla sua componente giovane è profondamente sbagliato – ha avvertito il professor Gianluca Argentin, dell’Università di Milano Bicocca e direttore dell’indagine -. Non solo sono esperienze aneddotiche di cambiamento a confortarmi in questa convinzione, ma anche le trasformazioni identitarie di lungo corso di questa professione, evidenziate nella nostra indagine. Al contempo, anche guardando a cambiamenti più repentini, come l’irrompere dell’intelligenza artificiale nello studio – continua il professore -, troviamo negli insegnanti un gruppo professionale che si interroga e cerca mediazione tra innovazione e riproduzione nelle pratiche legate al sapere. A rendere possibili questi adattamenti sono la soddisfazione e gratificazione che gli insegnanti trovano nel lavoro, tanto per gli stimoli intrinseci alla professione quanto per le relazioni collaborative delle organizzazioni scolastiche”.
“Quello che mi preme sottolineare è la necessità di uno sguardo lungo – conclude il professore – per cogliere le profonde trasformazioni che la scuola affronta. Se ci appiattiamo su aneddotica quotidiana, difficilmente potremo capire i processi sociali in atto, che coinvolgono ogni giorno milioni di individui”.
“Senza una base informativa ampia e solida su chi, ogni giorno, entra in aula per prendersi cura del benessere e dell’apprendimento di quasi 8 milioni di studenti nel nostro Paese, sui tanti aspetti del loro lavoro e della loro vita, è difficile capire davvero la scuola italiana – ha chiarito Paola Pierri, General Manager, Bolton for Education Foundation -. E per una Fondazione come noi è anche molto difficile intervenire, in modo efficace, a sostegno della scuola italiana. Quando abbiamo realizzato che da quasi quindici anni non era stata fatta un’indagine ampia, a livello nazionale, sugli insegnanti abbiamo capito che questo poteva essere un compito di cui potevamo farci carico. Un modo utile e serio per entrare e per dare il nostro contributo al mondo della scuola e dell’educazione nel nostro Paese.”
“Le analisi condotte dall’Istituto IARD nelle prime tre indagini hanno mostrato, attraverso le risposte degli insegnanti, una scuola che si sviluppa verso la modernità in modo non sempre lineare e a volte difficoltoso, fortemente condizionata da fattori esterni dettati dai nuovi assetti internazionali, dai fenomeni emergenti come l’immigrazione crescente, dagli andamenti economici, dagli stravolgimenti tecnologici, dalle visioni contrastanti applicate al sistema scolastico dovute alle alternanze politiche dei vari Governi – spiega Carlo Buzzi dell’Università di Trento e coordinatore del Comitato scientifico Istituto Iard -. Si dovrà tener conto di tutto ciò nel confronto che sarà operato con i risultati ottenuti dalla ricerca del 2025 sulle condizioni attuali di vita e di lavoro degli insegnanti italiani. E si dovranno ovviamente considerare le influenze esercitate dagli accadimenti di questi ultimi tempi: dall’impatto pandemico del Covid allo spettro della guerra, dal progressivo degrado ambientale alla persistenza di un irrisolto divario territoriale nel Paese, non tralasciando l’irruzione dell’Intelligenza Artificiale nel mondo digitale. Inoltre, all’interno di una società che invecchia, il progressivo calo delle nascite fa sentire i suoi forti effetti nel sistema scolastico nazionale”.
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Giovani
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