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Il 73% delle persone con disabilità rinuncia al supporto psicologico

Quasi un quarto delle persone con disabilità (25.4%) ha dovuto rinunciare ad iniziare un percorso di terapia psicologica a causa di barriere fisiche, logistiche, comunicative o culturali. A rilevarlo è una survey realizzata da Serenis e Fish (Federazione Italiana per i diritti delle persone con disabilità e famiglie), la quale ha evidenziato uno stato di urgente bisogno riguardo il benessere psicologico delle persone con disabilità e dei loro caregiver.

Il principale ostacolo all’accesso è risultato essere il costo economico, citato dal 73% dei rispondenti. Anche i caregiver mostrano una situazione di emergenza, con il 43% che ritiene il supporto psicologico fornito inadeguato o inaccessibile. Questi dati dimostrano un forte interesse per il benessere mentale che si scontra con una realtà di scarsa accessibilità ai servizi.

Bisogni e ostacoli

La ricerca, condotta da Serenis, centro medico online per il benessere mentale e fisico, e Fish, è stata realizzata con l’obiettivo di conoscere i bisogni specifici delle persone con disabilità per facilitare il loro percorso di inclusione e supporto psicologico.

Nonostante le barriere pratiche, la familiarità con il concetto di terapia psicologica è elevata: l’88.5% dei rispondenti con disabilità dichiara di averne sentito parlare. Tuttavia, questa consapevolezza non si traduce in pratica: meno della metà del campione ha usufruito di sessioni, sia in presenza (37.3%) che online (33.3%). Il dato più significativo è che oltre un quinto del campione (20.9%) ha espresso la volontà di intraprendere un percorso terapeutico, ma non l’ha ancora fatto, evidenziando un “bisogno ancora inespresso”.

“Per le persone con disabilità, il benessere psicologico è fondamentale, così come la consapevolezza dell’importanza dell’accesso al supporto psicologico. Ciò non è, però, sempre possibile a causa di barriere reali: il costo della terapia e la carenza di specialisti. È un bisogno forte che si scontra con una realtà di scarsa accessibilità. Per questo la Fish si impegna attivamente a promuovere soluzioni che garantiscano a tutti e a tutte il diritto a una buona salute mentale”, dichiara Vincenzo Falabella, Presidente della Fish.

Oltre al costo economico (73%), la survey ha individuato altri significativi ostacoli che limitano l’adozione pratica della terapia:
• L’indisponibilità nel proprio territorio di psicoterapeuti con competenze specifiche sulla disabilità (27.9%).
• La distanza fisica dagli studi terapeutici (22.6%).
• La scarsa informazione sulle opzioni disponibili (16.4%).

L’opportunità della terapia online

Le risposte raccolte mostrano una notevole fiducia nella terapia online, vista come un’alternativa flessibile in grado di adattarsi alle esigenze personali, superando le barriere logistiche e territoriali.

Le persone con disabilità che hanno risposto al sondaggio hanno individuato tre caratteristiche fondamentali per un servizio online efficace:
1. Specializzazione dei terapeuti: Più del 50% dei rispondenti cerca professionisti con esperienza specifica nella disabilità, un dato che sale al 58.7% quando si valuta l’importanza di tale competenza.
2. Usabilità della piattaforma: Il 48.1% reputa cruciale la facilità d’uso delle piattaforme.
3. Costi più accessibili.

“I dati che emergono dalla survey dimostrano come la terapia online sia considerata, a tutti gli effetti, un’opportunità per superare le barriere territoriali e logistiche, a condizione che venga erogata in modo accessibile da professionisti altamente specializzati – commenta Daniele Francescon, Co-Founder e General Manager di Serenis -. A riprova di questo, il fatto che il 66.7% degli intervistati ritenga che l’integrazione della terapia online nel sistema sanitario e nella rete associativa dei pazienti possa migliorare decisamente il proprio benessere psicologico”.

L’emergenza dei caregiver

Anche la sezione dedicata ai caregiver rivela un bisogno urgente di supporto psicologico. Circa la metà dei rispondenti (43%) ritiene che l’aiuto fornito non sia adeguatamente offerto o accessibile.

Questo segnale di emergenza è confermato dal fatto che il 50.4% dei caregiver, pur non avendo mai utilizzato la psicoterapia online, dichiara di volerla provare. Riguardo alle modalità preferite, le sedute individuali sono state scelte dal 67.2% dei caregiver, evidenziando la necessità di uno spazio privato e personalizzato per affrontare le sfide quotidiane.

“Troppo spesso, parlando di caregiver, si pensa solo a persone che si “prendono cura di” e sfugge completamente che anche i caregiver stessi avrebbero, anzi, hanno necessità di avere qualcuno vicino o semplicemente sapere che ci sia qualcuno che si possa prendere cura di loro – sottolinea Stefania Stellino, caregiver e coordinatrice del Gruppo scuola della Fish – Si pensa ai caregiver come persone forti, degli eroi da ammirare, senza considerarli nella loro fragile umanità. Non è sufficiente un “come stai?” di convenienza. La differenza la fa il saper ed il voler davvero ascoltare senza giudicare, lasciandosi pervadere dalle emozioni: compatire nel senso etimologico del termine, cum patior, soffrire insieme, comprendere”.

Welfare

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

© Riproduzione riservata

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