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“La scuola non si arruola”: è polemica sul non accreditamento del corso da parte del Mim

La scelta del Ministero dell’Istruzione e del Merito (Mim) di negare la certificazione ufficiale a un seminario destinato ai professori e intitolato “4 novembre – La scuola non si arruola” sta generando forti polemiche. Promosso da Cestes-Proteo (Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali) e dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, il programma formativo mirava a incoraggiare una valutazione critica sulla presenza di elementi militari negli ambienti didattici, focalizzandosi sui temi della pace e del disarmo.

Nonostante le oltre 1.200 adesioni di personale scolastico, il Mim ha motivato il rifiuto sostenendo che l’iniziativa fosse di natura politica piuttosto che professionale. Di conseguenza, pur potendo l’evento tenersi regolarmente, la sua partecipazione non garantirà ai docenti il diritto all’esonero retribuito o lo svolgimento durante l’orario di lavoro.

Le motivazioni del dissenso

Il corso “La scuola non si arruola” era stato presentato in precedenza come attività formativa riconosciuta ai sensi della Direttiva 170/2016, che fissa le modalità per accreditare, qualificare e riconoscere i corsi proposti dai soggetti che offrono formazione per il personale della scuola, certificando e assicurando la qualità delle iniziative formative.

L’obiettivo, secondo gli organizzatori, era quello di promuovere una riflessione critica sulla presenza di attività militari negli istituti scolastici, partendo dal significato della Giornata del 4 novembre, Giornata dell’unità nazionale e delle Forze armate, istituita con la legge n. 27 del 1 marzo 2024. Tuttavia, il Ministero ha negato l’accreditamento ritenendo che il corso avesse finalità politiche e non professionali.

“Sono stupefacenti le dichiarazioni della Cgil a commento del mancato riconoscimento da parte del Mim del corso ‘La scuola non si arruola’ – ha dichiarato il ministro Giuseppe Valditara -. La decisione del Ministero, infatti, non vieta alcunché: semplicemente non consente l’esonero dal servizio, e dunque a spese del contribuente, per chi volesse partecipare ad una iniziativa che non ha i requisiti per il suo riconoscimento ufficiale”.

E ha aggiunto: “Il corso ha d’altro canto i connotati di una iniziativa propagandistica di natura prettamente politica. La Cgil dimostra di avere un concetto inquietante di democrazia: scambia la formazione per una occasione di indottrinamento contro il Governo. I tempi in cui pretendevano di fare propaganda nelle scuole sono passati. Noi difendiamo la scuola costituzionale, che mette al centro il rispetto verso lo studente e la necessità di una formazione seria e non ideologica”, ha concludo Valditara.

La denuncia degli organizzatori e dei sindacati

Gli enti promotori, tra cui l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle Università, contestano duramente la celebrazione del 4 novembre. Essi ritengono che questa celebrazione rappresenti “un salto di qualità della ideologia militarista” che veicola nelle scuole nazionalismo e militarismo attraverso la retorica dell’unità nazionale e del sacrificio. Gli organizzatori sottolineano che la Prima Guerra Mondiale fu, per l’Italia, “un atto di aggressione” e una “vera e propria carneficina”.

Simili celebrazioni, a loro avviso, sono un passo verso la normalizzazione della guerra e del riarmo, in un contesto mondiale che investe risorse ingentissime nella difesa e che avrà dirette ripercussioni sulle spese sociali, sul welfare, sull’istruzione e sulla sanità.

L’Osservatorio, in particolare, considera il 4 novembre “non una giornata di festa e da celebrare, ma piuttosto una giornata di lutto”, opponendosi alla narrazione che “tace sulla violenza e le distruzioni della guerra”. Per questi motivi, l’Osservatorio invita i docenti a disertare le iniziative ufficiali e a partecipare al convegno.

Fortissime le reazioni anche da parte dei sindacati. La Federazione Lavoratori della Conoscenza (Flc) e Cgil hanno definito la cancellazione, avvenuta a soli quattro giorni dallo svolgimento, come “l’ennesimo atto di lesione della libertà di insegnamento oltre che di censura”. Secondo la Cgil, ritirare l’accreditamento per presunta “estraneità agli ambiti formativi” significa ignorare valori fondamentali come quello della Pace, espresso nella Carta costituzionale.

La nota del sindacato conclude che questo atto è l’ennesimo tentativo del Ministero “di piegare la funzione della scuola a interessi e ideologie di parte”, connettendo tale manovra al piano di riarmo europeo per il quale si taglia l’istruzione.

Anche l’Unione Sindacale di Base (Usb) ha espresso ferma condanna, definendo il 4 novembre “una festa imposta dall’alto” usata per educare alla guerra e al servizio del “sionismo e del bellicismo di questo governo”. L’Usb ricorda che la Costituzione garantisce la libertà dell’arte e della cultura, della scuola e dell’Università (Art. 3 e 33) e “ripudia la guerra (art.11)“.

Prospettive future

Nonostante il mancato riconoscimento ufficiale, i promotori ribadiscono che “non ci fermiamo e non ci fermeremo”. L’Osservatorio invita i docenti a disertare le iniziative ad esso legate e a partecipare al convegno online organizzato per la mattina e alle mobilitazioni previste per il pomeriggio in tutta Italia.

Usb annuncia che docenti e studenti saranno presenti nelle oltre 30 piazze del 4 novembre per una scuola libera e democratica, e rilancia la mobilitazione verso lo sciopero studentesco: “Ci riuniremo in assemblea il 10 novembre per discutere insieme della repressione in atto nelle scuole, della limitazione della libertà di formazione, della volontà politica di assimilare antisionismo e antisemitismo (Ddl Gasparri), della distruzione della scuola della cultura (riforma tecnici e professionali, linee guida) e non solo – scrivono i sindacati -. Da lì rilanceremo ancora in avanti, verso lo sciopero studentesco del 14 novembre, verso lo sciopero generale del 28 novembre e per la manifestazione nazionale a Roma il 29 novembre, contro la finanziaria di guerra, per la tutela della scuola pubblica, statale, libera e costituzionale”.

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content.lab@adnkronos.com (Redazione)

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