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Topi da laboratorio con il ciclo: creato il primo modello mestruale artificiale

Per la prima volta, dei topi di laboratorio hanno avuto un ciclo mestruale vero. Non un surrogato indotto da ormoni o una replica incompleta, ma un processo fisiologico completo: ispessimento dell’endometrio, distacco, sanguinamento e rigenerazione del tessuto. L’esperimento, condotto da un gruppo di biologi dell’Università di Harvard guidati da Kara McKinley, segna una svolta scientifica che apre prospettive concrete per la comprensione di patologie come endometriosi, fibromi o disturbi del ciclo.

L’obiettivo era colmare un vuoto che per decenni ha frenato la ricerca sulla salute riproduttiva femminile. I topi sono il modello più usato in biomedicina, ma non mestruano. Questo ha reso difficile studiare patologie che colpiscono milioni di donne con strumenti sperimentali adeguati.

Il lavoro rappresenta una svolta metodologica. Gli scienziati hanno introdotto un recettore artificiale nelle cellule endometriali, rendendole più sensibili al calcio, un elemento che innesca il processo di decidualizzazione — la preparazione dell’utero all’impianto di un embrione. Quando gli animali vengono trattati con un farmaco che stimola quel recettore, e i loro livelli di progesterone vengono alzati, il ciclo si attiva. Dopo pochi giorni compare un vero periodo mestruale, della durata di tre o quattro giorni, con gli stessi segni osservati negli esseri umani: dilatazione dei vasi sanguigni, ingrossamento dell’utero e perdita del tessuto interno.

Come si ricrea un ciclo mestruale

Gran parte di ciò che la biomedicina conosce sul corpo umano deriva dallo studio dei topi. Eppure, quando si tratta di salute femminile, quel modello non funziona: la maggior parte dei mammiferi non mestrua, e il loro endometrio si ispessisce solo durante la gravidanza per poi essere riassorbito.

Nell’uomo e in poche altre specie — grandi primati, quattro tipi di pipistrelli e l’elefante toporagno — il tessuto si sfalda se non avviene la fecondazione. Un processo dispendioso ma necessario, perché permette di rinnovare ogni mese la mucosa uterina e mantenerla pronta a un’eventuale gravidanza.
Fino a oggi, chi voleva studiare il ciclo mestruale in laboratorio doveva ricorrere a stratagemmi. Si induceva nei topi una “pseudogravidanza” con ormoni, oppure si iniettava nel loro utero un liquido che imitava l’impianto dell’embrione. Alla sospensione del progesterone, il tessuto si sfaldava parzialmente, ma non si trattava di un vero ciclo. Mancavano la risposta vascolare, l’attività immunitaria e la successiva rigenerazione.
L’alternativa naturale sarebbe stata lo studio del topo spinoso africano, scoperto nel 2016 come unico roditore a mestruare spontaneamente. Ma allevare questa specie è complicato: perde la pelle come meccanismo di difesa e richiede condizioni di mantenimento particolari. Inoltre, non dispone della stessa infrastruttura genetica sviluppata per il topo da laboratorio standard.

Il gruppo di McKinley ha scelto un’altra strada. Ha adattato la biologia del topo comune per renderla compatibile con i segnali del ciclo mestruale. Una volta introdotti i recettori e stimolati con un farmaco, i topi hanno reagito come primati: ispessimento, sfaldamento e rigenerazione del tessuto. L’analisi del materiale espulso ha mostrato che l’espressione genica coincide con quella umana per circa un terzo dei geni attivi durante la mestruazione, un risultato impensabile con i vecchi metodi.

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Cosa succede nell’utero durante il ciclo

L’endometrio non si limita a subire i cambiamenti ormonali, bensì li traduce in azioni coordinate, una sorta di riorganizzazione interna che prepara il tessuto a perdere e ricostruire se stesso. Nel modello murino, questo processo è stato osservato per la prima volta con precisione. Prima che inizi la perdita del rivestimento, le cellule endometriali formano strutture ad anello composte da popolazioni di età diversa. Le più giovani circondano gruppi di cellule più vecchie e vicine alla morte programmata.
“L’utero si prepara alle mestruazioni dall’interno verso l’esterno”, ha spiegato Çağrı Çevrim, primo autore dello studio. Queste strutture ad anello sembrano agire come un sistema di separazione ordinata: comprimono il tessuto circostante, lo isolano e favoriscono il distacco controllato dello strato che verrà espulso.
Questa organizzazione cellulare sembra servire anche da difesa: le cellule più giovani proteggono il tessuto dall’infiammazione generata da quelle che stanno morendo. In quel passaggio sottile tra perdita e ricostruzione si gioca l’equilibrio dell’utero, e comprenderlo è essenziale per capire cosa accade quando si rompe.

Capire come questo meccanismo si interrompe è cruciale. Nelle persone con endometriosi, frammenti di endometrio finiscono in aree dove non dovrebbero trovarsi — tube, ovaie, cavità addominale — e reagiscono agli ormoni come se fossero ancora dentro l’utero, provocando dolore cronico e infiammazione. Con il nuovo modello, i ricercatori possono ora osservare passo dopo passo come il tessuto si stacca, come si ricrea e quali cellule sono coinvolte. È la prima volta che queste dinamiche diventano visibili in un organismo che può essere manipolato geneticamente e monitorato nel tempo.

Cosa cambia per la ricerca sulla salute femminile

Poter “accendere” e “spegnere” le mestruazioni nei topi non è solo un passo tecnico: consente di portare in laboratorio processi che finora potevano essere solo descritti. Per la ricerca biomedica significa poter misurare, osservare e intervenire su fasi del ciclo che prima sfuggivano a ogni metodo sperimentale.
Con questo modello, i ricercatori possono analizzare le cause del sanguinamento eccessivo, studiare l’impianto dell’embrione e valutare l’effetto dei farmaci sulla mucosa uterina in condizioni controllate. Il gruppo di Harvard prevede di utilizzarlo per indagare i meccanismi del sanguinamento mestruale abbondante, una condizione comune e spesso trascurata, con l’obiettivo di identificare i percorsi cellulari coinvolti e sviluppare terapie a RNA in grado di regolarli.

La possibilità di indurre un ciclo su comando rende il sistema rapido e ripetibile. Ogni fase può essere seguita con precisione, dal primo segnale ormonale alla rigenerazione del tessuto. È un cambio di scala per la medicina riproduttiva, che per la prima volta dispone di un modello sperimentale in grado di riprodurre un processo biologico femminile con la stessa affidabilità con cui da decenni si studiano cuore, fegato o cervello.

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content.lab@adnkronos.com (Redazione)

© Riproduzione riservata

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