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Carlo Messina, il ritratto del ‘banchiere gentiluomo’ che guida Intesa Sanpaolo

(Adnkronos) – Prima lo studio e poi l'insegnamento alla Luiss. Impegno in prima persona contro povertà e disuguaglianze. Alta finanza ma anche comprensione della politica. Guida la prima banca italiana, ma si tiene a distanza dei "casini" del M&A tricolore: "Solo confusione, faccio alle volte fatica anche io a mettere insieme i pezzi". Il suo nome è Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo. Profilo riservato: madre pugliese e padre siciliano, tratto in comune con Andrea Orcel. Romano, esattamente come l'Ad di Unicredit. Ma le analogie finiscono qui.  Chi lo conosce in ambito finanziario ha un'opinione chiara: "Non è un finanziere alla Orcel, non viene dall'investiment banking: certo non è un semplice docente, è un cavallo di razza puro del sistema bancario". Qualcun altro conferma: "Il suo approccio guarda al sistema ed è distante dal banchiere squalo che approfitta dei problemi della concorrenza". Sue le parole sulle agenzie di rating: “Valutano in maniera stupida. Non si guarda un paese solo dal debito pubblico”. C'è chi parla di banchiere Picasso (la banca cura oltre 30mila opere e tre musei), di certo in molti concordano con la definizione di "banchiere gentiluomo": uno che non disdegna di partecipare personalmente alla festa di addio di una giornalista straniera per salutarla o di ringraziare una dipendente gravemente malata con un caloroso abbraccio. Messina nasce e cresce a Roma, studia alla Luiss e alla Luiss torna a insegnare. Ma guai – oggi va di moda con l'affaire Mps-Mediobanca – a vedere guerre di finanza tra Roma e Milano, lui non ne vuole sapere: "Ma che vuol dire, sono polemiche che non capisco: Intesa Sanpaolo e Unicredit sono a Milano ma sono guidate da due romani…". Il primo impegnato a guidare il primo istituto bancario italiano (ieri utili da record), il secondo a creare un colosso europeo tra i primi cinque.  La carriera di Messina parte come responsabile del corporate in Bnl, nel 1987, nel 1996 lavora alla pianificazione del Banco Ambrosiano Veneto, poi è la volta di Intesa Sanpaolo: anno domini 2007. Ricopre per un anno il ruolo di Direttore Centrale Responsabile Area Governo del Valore, poi nel 2008 diventa amministratore delegato e quattro anni dopo anche Direttore Generale.  Trincerarsi dietro posizioni di comodo? "Non è il suo stile", dice chi lo conosce. Ricordate la polemica sugli extraprofitti? Disse che bisognava "utilizzare i ricavi extra non per le mancette al governo ma per alzare i salari". E sempre a proposito di salari: "Chi fa ricavi, deve alzarli". Il banchiere ha un altro nemico: la povertà. Tanto che non era neanche contrario al reddito di cittadinanza. Le sue parole: "La priorità di chiunque abbia una visione e una responsabilità sociale deve essere aiutare i poveri". I fatti: Intesa Sanpaolo ha destinato 1,5 miliardi di euro entro il 2027 per la riduzione delle disuguaglianze su tutto il territorio nazionale. Qualcuno ipotizzò la via di ritorno a Roma, la politica: voci mai confermate di una Meloni entusiasta che chiese: "Ti va di fare il ministro dell'Economia?". La verità è che Messina si sente perfettamente a suo agio dove sta: alla guida della prima banca italiana. "Mi ritengo sufficientemente forte e giovane da poterci rimanere il più a lungo possibile: finché farò risultati eccellenti ritengo di poter rimanere in questa posizione". (di Andrea Persili)
  —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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