(Adnkronos) – Nascono per smentire Bertolt Brecht quando scriveva che "è più criminale fondare una banca che rapinarla". Mentre il sistema finanziario tradizionale insegue il profitto a ogni costo, le banche etiche dimostrano che è possibile un altro modello: più giusto ma anche più solido. Con un Tier 1 ratio al 23,32% battono le grandi banche europee (ferme al 17,23%) anche sul terreno della stabilità – in pratica maggiore capacità di assorbire eventuali perdite in contesti sfavorevoli, come i dazi – investendo non in armamenti o rendite passive, ma in famiglie, imprese e futuro sostenibile. Ma non c'è alcuna morale. La solidità non nasce dalla prudenza estrema, ma da una visione diversa del rischio. Le banche etiche investono più direttamente in famiglie e imprese, piuttosto che rifugiarsi nei porti sicuri — ma distaccati dall’economia reale — dei titoli di Stato. Un rischio calcolato e coerente con la loro missione: finanziare la crescita concreta e sostenibile, non l'accumulazione sterile. Questo approccio consapevole ha un prezzo: i costi operativi sono più alti, come mostra il cost-to-income ratio, al 65,74% rispetto al 52,60% delle banche sistemiche. Ma dietro questa cifra una scelta: privilegiare l’analisi approfondita, il dialogo con il cliente, la coerenza con criteri etici, piuttosto che l’automatismo di logiche puramente numeriche. Il panorama europeo racconta una realtà dove solo negli ultmi anni si è registrato un aumento del 168% nella spesa per l’acquisto di armamenti. In questo contesto, la finanza etica si distingue scegliendo di escludere ogni forma di investimento nel settore bellico. Ma è solo questa la caratteristica del settore? "Investire in modo etico – spiega all'Adnkronos Roberto Grossi, vice direttore generale di Etica Sgr – significa adottare un approccio olistico per coniugare la crescita economica con il benessere collettivo, sociale e ambientale, ponendo i principi di sostenibilità, trasparenza e giustizia al centro del proprio approccio". In pratica, sottolinea, "si tratta di un investimento che guarda al futuro, con un orientamento di medio-lungo periodo, e si basa su un’attenta valutazione delle implicazioni a lungo termine delle scelte di investimento per individuare emittenti (imprese e Stati) che rispettino i criteri ambientali, sociali e di governance (Esg), in grado di offrire valore nel tempo e contribuire positivamente alla tutela dell’ambiente e al progresso sociale". Dal punto di vista microeconomico, prosegue Grossi, questo significa "escludere aree incompatibili con un modello responsabile evitando di investire in strumenti finanziari che mettono a rischio società e ambiente (armi, tabacco, gioco d’azzardo, pesticidi), escludendo le aziende coinvolte in episodi negativi di corruzione, ambiente e diritti dei lavoratori". Secondo il vicedirettore "in un contesto in cui il rischio di greenwashing e socialwashing è sempre più concreto è fondamentale che la sostenibilità non sia soltanto un’etichetta, ma un impegno verificabile, integrato nelle strategie aziendali e misurabile nei risultati". Investire in fondi che integrano rigorosi criteri Esg significa, dice ancora, "sostenere aziende e Stati che adottano pratiche responsabili, contribuendo alla riduzione delle emissioni di carbonio, alla protezione dei diritti umani e alla promozione della parità di genere". L'investimento etico, prosegue Grossi, parte proprio dai risparmiatori "che contribuiscono a orientare l’economia globale verso modelli più equi e sostenibili. Se è vero che ogni somma investita può sembrare insignificante su scala globale, è altrettanto vero che milioni di scelte individuali, sommate, possono fare la differenza e orientare flussi di capitale consistenti verso modelli più sostenibili e virtuosi". (di Andrea Persili) —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Niente armi o gioco d’azzardo: come funziona la finanza etica
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