(Adnkronos) – Il risiko bancario accende i riflettori sui lavoratori, ma per ora niente sirene d’allarme. Lo dice in un'intervista all'Adnkronos Andrea Battistini, First Cisl Lombardia. L’Ops su Popolare di Sondrio sta procedendo, la banca Popolare di Sondrio è uno dei pochi istituti che in questi anni ha aumentato i dipendenti e il numero di filiali, andando ad aprire sportelli anche dove altri avevano chiuso. Una banca dalla gloriosa storia e da un forte radicamento territoriale. Ma anche Bper, storicamente radicata nei territori, mostra forte sensibilità sociale.
Battistini, il grande risiko è un problema per i lavoratori?
"Quando avvengono operazioni di acquisizione – sia che siano concordate sia che siano ostili – una delle prime preoccupazioni riguarda inevitabilmente l’occupazione. La categoria, del resto, è da anni in costante contrazione: abbiamo perso decine di migliaia di lavoratori. Quando si annuncia un’operazione – sia amichevole sia ostile – una delle prime richieste che i sindacati avanzano è quella di avere garanzie su come verrà gestita l’occupazione, insieme a quelle sul mantenimento dei presidi nei territori, oltre che al sostegno di imprese e famiglie.
Ma la gestione delle uscite nel vostro settore è soft
"Nel mondo bancario gli esuberi vengono gestiti quasi sempre attraverso strumenti volontari e incentivati. E quando dico "incentivati", intendo con risorse private, di lavoratori e aziende, non con soldi pubblici. È una caratteristica peculiare del nostro comparto. Tuttavia, l’impatto occupazionale è pesante: si perdono migliaia di posti e, soprattutto, si riducono drasticamente le opportunità per i giovani".
Cioè?
"Le faccio un esempio personale: io vengo dalla Banca Popolare di Bergamo. Dopo varie fusioni, ho visto il cambiamento da vicino. Una volta, in province come Bergamo o Brescia, si assumevano tantissimi giovani ogni anno. Oggi, al di fuori dei centri metropolitani, le assunzioni si contano sulle dita di una mano. Inoltre, i nuovi posti di lavoro si concentrano nei grandi centri come Milano, Torino o Roma, dove ci sono le direzioni centrali. Quindi anche i territori subiscono un impoverimento".
Un cambiamento forte
Sì, questi effetti, sebbene gestiti in modo "soft", rimangono forti: meno ricambio generazionale, meno occupazione giovanile, meno presidio locale. E a cambiare non è solo la quantità, ma anche la qualità dell’occupazione: una volta si assumevano persone per lavorare in filiale, oggi servono figure più specializzate, spesso legate a ruoli digitali o di controllo".
Tra tutte le operazioni in corso, ce n'è una che, dal punto di vista dei lavoratori avete tenuto maggiormente sotto controllo, oppure tutte vi hanno richiesto la stessa attenzione?
"In realtà le attenzioniamo tutte, perché l’obiettivo dell’organizzazione sindacale sull’occupazione è garantire un ricambio almeno uno a uno: se escono mille lavoratori, devono entrarne mille. Questo è il nostro principio di base. Una delle vertenze più impegnative e complesse è stata sicuramente quella con Banco Bpm. Anche con un ricambio generazionale paritario, si perdono lavoratori con un’anzianità di servizio significativa, un elevato livello di professionalità e una profonda conoscenza del lavoro bancario, soprattutto in ambito creditizio. Di contro entrano giovani molto qualificati, che portano energia, nuove competenze e che contribuiscono a dare una prospettiva al settore."
La prima Ops: Bper su Pop.Sondrio
"Una volta conclusa l’operazione, l’azienda aprirà sicuramente un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali. In quel contesto saranno da discutere gli impatti del nuovo piano industriale, a tutela dei lavoratori e dei territori, soprattutto in termini di garanzie occupazionali, mobilità e di tenuta della rete filiali e dei presidi oggi operativi in Lombardia”.
Cosa si può dire fino adesso?
"Popolare di Sondrio, va detto, è una delle pochissime banche che ha continuato a incrementare il numero dei dipendenti e ad aprire nuovi sportelli. Questo è un elemento che speriamo venga salvaguardato anche nella nuova fase. Ma Bper – che è un’ex banca popolare – ha mantenuto una certa attenzione allo sviluppo del territorio. Finora ha sempre dimostrato un forte radicamento locale e l’auspicio è che questo venga mantenuto e confermato anche in futuro. Nonostante i centri decisionali di Bper siano al di fuori del territorio lombardo, auspico che la forte presenza di questo gruppo bancario in Lombardia sia elemento di garanzia per il mantenimento dei livelli occupazionali, delle opportunità di crescita, evitando mobilità territoriale, oltre che delle opportunità per i giovani delle nostre province. L’esperienza ci dice, purtroppo, che col tempo i territori periferici sono i più penalizzati”.
A proposito di concentrazioni, Mps–Mediobanca?
"Trattandosi di business molto diversi, qualora l’operazione dovesse finalizzarsi, non vediamo nell’immediato rischi occupazionali perchè si tratta di due realtà che operano in settori diversi del sistema bancario”.
Sempre sul risiko, si dice: è stato fatto per evitare che arrivassero le banche straniere..
“In questi ultimi anni stiamo assistendo a una continua rincorsa per realizzare operazioni di acquisizione, più o meno sensate, disordinata e per niente strutturata, quasi schizofrenica. Quando vengono annunciate la prima cosa che bisognerebbe chiedersi è che valore portano a tutti i portatori di interessi, e non solo agli azionisti di riferimento, o ai diversi gruppi di potere. L’argomentazione nazionalista, come altre, è parziale e limitata. Iniziamo a chiederci quale valore abbiano portato tante operazioni nazionali ai nostri territori e al tessuto socio economico”.
Oggi uno dei temi più rilevanti è quello del credito.
"Le banche erogano meno credito rispetto al passato. Perché? Perché oggi conviene loro fare business diversi: ottengono margini e utili maggiori tramite attività finanziarie, assicurative e di gestione patrimoniale, tutte aree con minori livelli di rischio e alti ritorni economici". Questo è anche il tema sollevato recentemente dal ministro Giorgetti e che noi denunciamo da anni”.
Secondo lei l’emergenza occupazionale nel settore bancario è più legata al fenomeno del risiko bancario o alla rivoluzione digitale?
"Ogni operazione industriale e fusione comporta ricadute sul personale e i territori, più o meno rilevanti. Il sindacato opera per limitarne gli effetti e favorire una transizione del settore ordinata e socialmente sostenibile. Abbiamo vissuto un’epoca di grande espansione, non c’era città dove – se si liberava uno spazio – non ci fosse la corsa ad aprire una nuova filiale. Oggi siamo di fronte al processo opposto: chiusure, razionalizzazioni, accorpamenti. In questo contesto, la digitalizzazione pone nuove sfide, ma crea anche delle opportunità, trasforma i mestieri, ma va governata socialmente, attraverso la Cabina di Regia istituita a livello nazionale, che deve urgentemente insediarsi e accordi nei gruppi bancari. Ma il tema è più complesso".
Cioè?
"Il vero tema, oltre alla perdita di posti di lavoro, è di natura sociale: come possono oggi le grandi banche garantire un reale impegno in termini di responsabilità sociale, a sostegno delle famiglie, delle imprese e delle comunità nei diversi territori? Non solo nei grandi centri metropolitani, ma anche in aree più periferiche. Questa è la domanda che dovremmo porci, al di là delle narrazioni, quando parliamo di questi grandi agglomerati finanziari, che hanno come obiettivo primario quello di remunerare gli azionisti”.
E l'intelligenza artificiale?
"Non possiamo liquidare il tema in due righe: l’Italia è ancora tra gli ultimi Paesi in Europa per utilizzo dell’internet banking. La popolazione è mediamente anziana e con scarsa familiarità con le tecnologie digitali. Tra 10 o 15 anni la situazione cambierà, certo, ma già oggi le nuove tecnologie rappresentano una sfida e un’opportunità. Le tecnologie devono essere al servizio, possono sostituire alcune attività ripetitive, liberando risorse da reimpiegare in attività di maggior valore e magari anche più gratificanti da un punto di vista professionale.E possono sostenere anche attività più complesse, per migliorare i processi e il livello di servizio. Questo non solo per i lavoratori, ma anche per i clienti. Un esempio? Tutta la sfera della consulenza finanziaria, dove l’IA potrà dare supporto, ma senza sostituire la relazione personale, che resta fondamentale. Devono però essere governate e orientate dall’uomo, per l’uomo”. (di Andrea Persili) —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Pop.Sondrio, Battistini (Fist Cisl): “No allarmi per lavoratori, Bper ha forte sensibilità sociale”
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