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Unicredit-Bpm, cosa succede se il golden power viene bocciato: gli scenari

(Adnkronos) – Le lettere della Commissione europea sul golden power italiano per Unicredit–Banco Bpm segnerebbero “un punto di svolta nel rapporto tra sovranità nazionale e regole comunitarie”. Lo dice all’Adnkronos Flavio Notari, Head of Tax for Technology Companies di Orrick Italia. Il golden power, strumento pensato per tutelare gli interessi nazionali in settori strategici, è stato esteso dall’Italia anche al settore bancario, con l’intento di difendere il risparmio e la stabilità finanziaria. Tuttavia, la Commissione europea, spiega l’esperto, avrebbe ritenuto “che le condizioni imposte all’operazione Unicredit-Bpm – tra cui il mantenimento per cinque anni dei livelli di depositi e prestiti, il divieto per Anima Sgr di vendere titoli del debito pubblico italiano e l’obbligo per Unicredit di uscire dalla Russia entro nove mesi – fossero sproporzionate e non pertinenti alla sicurezza nazionale”. Cosa può accadere se venisse chiesto di ritirare il decreto? 

Il governo ritira il decreto
 

Secondo l’esperto “se il Governo decidesse di ritirare il decreto, come richiesto dalla Commissione europea, si aprirebbe la strada a una nuova fase di consolidamento bancario. In pratica, Unicredit potrebbe tornare a valutare l’operazione su Banco Bpm, questa volta senza i vincoli imposti in precedenza. Dal punto di vista tecnico, ciò significa che le due banche potrebbero riprendere le negoziazioni, avviando una nuova due diligence e rivedendo i termini dell’offerta”.  

Il governo non ritira il decreto
 

In questo caso, si andrebbe incontro a uno scontro diretto con Bruxelles, spiega l’esperto. “La Commissione europea – dice Notari – potrebbe avviare una procedura di infrazione contro l’Italia per violazione delle regole sulla concorrenza e sul mercato unico. Il caso potrebbe finire davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dando vita a un contenzioso che rischia di durare a lungo e di creare incertezza per tutto il settore bancario. Nel frattempo, l’operazione Unicredit-Bpm resterebbe bloccata”. 

Gli strumenti di tutela di Unicredit
 

In questa situazione, spiega ancora Notari, “Unicredit non è senza strumenti di tutela. La banca potrebbe chiedere i danni al governo italiano, sostenendo che l’intervento statale le ha impedito di portare avanti un’operazione strategica, causando una perdita economica. Inoltre, Unicredit potrebbe affiancare la Commissione europea nel contenzioso, presentando ricorsi sia a livello nazionale che europeo per difendere i propri interessi. Infine, la banca potrebbe sfruttare la visibilità del caso per fare pressione politica e mediatica, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica e gli investitori”. 

Tra ‘laissez faire’ e interventismo… una scelta destinata a fare scuola
 

Secondo le indiscrezioni, la Commissione europea potrebbe chiedere non solo il ritiro del decreto, ma anche una revisione complessiva della normativa italiana sul golden power, potenziata durante il periodo Covid. Questo potrebbe portare a una ridefinizione dei limiti di intervento dello Stato nel settore bancario. “Dal punto di vista tecnico – spiega Notari – la posizione di Bruxelles favorisce la creazione di gruppi bancari più grandi e competitivi, accelerando il percorso verso una vera Unione finanziaria e monetaria. Le fusioni transfrontaliere diventerebbero più semplici, con meno ostacoli nazionali e più spazio per logiche di mercato. Resta da vedere come il governo italiano reagirà e se il settore saprà cogliere questa opportunità per rafforzarsi e innovare”. In ogni caso, il caso Unicredit–Banco Bpm “è destinato a fare scuola, segnando il confine tra la difesa della sovranità nazionale e la spinta verso una maggiore integrazione europea”. (di Andrea Persili) 

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webinfo@adnkronos.com (Web Info)

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