(Adnkronos) – UniCredit prende atto del tenore della risposta fornita dal Mef e, in cambio, ha ritirato la richiesta di misure provvisorie davanti al Tar, al fine di favorire un dialogo costruttivo con il Ministero. La banca mantiene tuttavia la propria posizione sul merito delle misure Golden Power e ha chiesto che il Tar del Lazio si pronunci in tempi rapidi, per arrivare quanto prima a una definizione chiara della vicenda. Il 30 maggio 2025, Unicredit ha ricevuto una comunicazione dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, in qualità di autorità competente sul rispetto delle prescrizioni previste dal decreto Golden Power, nella quale sono stati chiariti i termini e le modalità di monitoraggio. Il Tar ha fissato al 9 luglio l’udienza per discutere nel merito il ricorso presentato da UniCredit contro il decreto con cui il Governo ha esercitato i poteri speciali sull’Ops lanciata dalla banca su Banco BPM. Secondo quanto emerge da fonti vicine al dossier, Le prescrizioni in discussione toccano diversi aspetti strategici. In primo luogo, vi sarebbe l’obbligo per un periodo di cinque anni di mantenere invariato il peso degli investimenti di Anima Holding – il gestore del risparmio legato a Banco Bpm – in titoli di emittenti italiani, pubblici o privati, e di sostenere lo sviluppo della società. Un altro punto critico riguarda la richiesta di non ridurre, sempre per cinque anni, il rapporto tra impieghi e depositi praticato in Italia sia da Banco Bpm che da Unicredit. Tra le prescrizioni figura anche la richiesta di cessare tutte le attività in Russia – incluse raccolta, impieghi, collocamento fondi e prestiti transfrontalieri – entro un termine massimo di nove mesi.Le fonti riportano che sussistono perplessità su alcune delle condizioni imposte, ritenute troppo stringenti. In particolare, sulla questione russa, viene sottolineato che “chiedere di svuotare la banca è una cosa, consegnare le chiavi è un’altra”, con un riferimento alla necessità di un decreto presidenziale russo per completare certi disimpegni, su cui la banca non avrebbe pieno controllo.Altro tema di critica riguarda l’obbligo di concentrare gli investimenti in Italia. Una simile restrizione, secondo osservatori vicini al dossier , “non trova fondamento in alcuna disposizione normativa” e rischia di ostacolare la corretta gestione del rischio da parte di un istituto bancario. “Nessuna norma può legittimamente impedire a una banca di diversificare il proprio portafoglio di investimenti, anche all’estero”.Per quanto riguarda il rapporto impieghi/depositi, la prescrizione governativa sembrerebbe andare oltre un monitoraggio prudenziale, imponendo – di fatto – il mantenimento degli impieghi in essere. “Ma un impiego in essere – spiegano alcune fonti – è legato a una richiesta di credito da parte del cliente. Obbligare a mantenerli significa anche finanziare chi, magari, non ha più bisogno di essere finanziato”.Il governo, dal canto suo, giustifica il proprio intervento alla luce della “natura transnazionale” di Unicredit, che presenta una composizione azionaria e una distribuzione geografica delle attività considerate critiche dal punto di vista della sicurezza economica nazionale. Secondo il decreto del 18 aprile scorso, tali caratteristiche renderebbero necessarie misure di salvaguardia per evitare che un colosso internazionale possa snaturare un istituto – Banco Bpm – ritenuto radicato nel territorio e fortemente esposto al credito per piccole e medie imprese italiane. (di Andrea Persili) —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Unicredit rinuncia alla sospensiva, mano tesa al governo
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