(Adnkronos) – Quello che le donne non dicono dipende anche da quello che le donne non sanno. Per esempio la maggior parte, più di 6 su 10, ignora che le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte nella popolazione femminile. "Una disinformazione silenziosa che può avere conseguenze drammatiche", avvertono gli autori dello studio 'A Call for Women', coordinato dall'Irccs Policlinico San Donato alle porte di Milano e pubblicato sullo 'European Journal of Preventive Cardiology'. L'indagine, su oltre 3.500 donne lombarde, certifica che la conoscenza della 'galassia rosa' sul rischio cuore è ancora troppo bassa. Non solo. All'interno dell'universo femminile, lo studio individua 3 'identikit' in base alle condizioni di salute, alla contezza del pericolo cardiovascolare e al livello di rischio. Profili dai quali emerge che le donne giovani sono quelle verso le quali è necessario mirare le campagne di prevenzione: sono infatti le più 'spericolate' per stili di vita, ma al contempo le meno consapevoli dei rischi che corrono, nonostante gli strumenti di cui dispongono per età, istruzione, impiego. A guidare lo studio Serenella Castelvecchio, responsabile del Programma di Prevenzione cardiovascolare e Medicina di genere del Policlinico San Donato, che da anni si batte per promuovere la prevenzione cardiovascolare al femminile, ricorda il Gruppo San Donato (Gsd) di cui l'Irccs di San Donato Milanese è capofila. La ricerca – spiegano da Gsd – si è focalizzata sulla Lombardia considerate le caratteristiche demografiche ed economiche uniche della regione, quali l'elevato numero di abitanti, la vasta rete di strutture scolastiche e universitarie e il più alto prodotto interno lordo regionale. L'indagine osservazionale trasversale ha coinvolto 3.537 donne (tasso di risposta 64,3%), età media 48 anni, generalmente caratterizzate da abitudini alimentari poco salutari, scarsa propensione all'attività fisica, ma basso consumo di tabacco e alcol. La consapevolezza sul rischio cuore è stata indagata chiedendo loro quale fosse la principale causa di morte nella popolazione femminile tra malattie cardiovascolari, tumori, violenza e altro: complessivamente, poco più del 35% ha indicato le patologie cardiovascolari come prima causa, mentre circa il 42% ha attribuito (erroneamente) il primato al cancro. Attraverso una cluster analysis, lo studio ha identificato 3 gruppi distinti di donne, ognuno con caratteristiche e bisogni specifici. Il Cluster 1 è composto da donne di età media 53 anni, con un buon livello di istruzione e un discreto tasso di occupazione. Sono le più attive fisicamente, la maggior parte ha un indice di massa corporea (Bmi) normale e almeno una patologia, tra cui ipertensione e ipercolesterolemia, che potrebbe spiegare una maggiore consapevolezza (38%). Nel Cluster 2 ci sono donne di età media 62 anni, prevalentemente in menopausa, con livello di istruzione più basso, spesso in pensione. Mostrano un Bmi più alto e un elevato carico di malattie croniche. E' la fascia che maggiormente si affida al medico di famiglia per informazioni sanitarie (36,1%). Infine il Cluster 3: giovani di età media 38 anni, con il più alto livello di istruzione e tasso di occupazione. Coerentemente con l'età, registrano il miglior stato di salute generale e forse per questo si sentono 'invulnerabili'. Quanto a stili di vita sono sprezzanti del pericolo: il 19,3% fuma, il 29,8% non fa attività fisica, il 38,6% la pratica solo occasionalmente. La bassa consapevolezza (33,2%) rende "urgenti campagne preventive mirate per le fasce più giovani". La maggioranza delle donne che hanno partecipato allo studio – per la precisione il 64,4%, in termini assoluti 2.238 donne – non ha un'adeguata consapevolezza del rischio cardiovascolare, decretano gli autori. Nello specifico, tutti i gruppi analizzati presentano bassa consapevolezza sulle malattie cardiovascolari, ma evidenziano stili di vita e dati sociodemografici e sanitari molto differenti, che finora non sono mai stati sfruttati per segmentare efficacemente la popolazione e supportare campagne di educazione diversificate che raggiungano tutte le fasce di età nei diversi ambiti sociali, culturali e professionali. L'indagine sottolinea dunque la necessità di superare l'approccio 'one size fits all', per progettare invece interventi di prevenzione personalizzati e quindi più efficaci. "I dati – commenta Castelvecchio – mostrano con chiarezza che la prevenzione al femminile deve diventare personalizzata, modulata sull'età, sul contesto socioeconomico e sul vissuto clinico delle donne. Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte a livello mondiale, in particolare tra le donne. Nell'Unione europea sono responsabili del 54% dei decessi nel genere femminile e del 43% in quello maschile, percentuali che in Italia si assestano al 37,7% per le donne e al 31,7% per gli uomini (dati Istat giugno 2024). Per affrontare questa emergenza, non possiamo più parlare alle donne come a un gruppo omogeneo. Serve un nuovo approccio, su misura. Lo studio rappresenta una fotografia dello stato di consapevolezza delle donne in Lombardia, ma offre spunti concreti per tutta l'Italia: education, empowerment e awareness – suggerisce la specialista – sono le 3 parole chiave per campagne mirate e per una rete di prevenzione che parta da dati reali e dai bisogni specifici delle donne". —salute/medicinawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Cuore killer per le donne ma loro non lo sanno, giovani le più spericolate
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