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Dieta planetaria è ‘rivoluzione’? Minelli: “Poche novità, puntare su salute microbiota”

(Adnkronos) –
La dieta planetaria è la nuova soluzione per un’alimentazione sana? Cos’è la Planetary Health Diet? E’ una vera novità? La Commissione Eat-Lancet 2025 ha presentato quella che viene definita l’analisi scientifica più completa dei sistemi alimentari globali fino ad oggi. Nel documento si spiega che “soluzioni sostenibili ed eque sono a portata di mano” e che la ‘Planetary Health Diet’ (Phd), che privilegia alimenti vegetali poco trasformati con un consumo moderato di prodotti animali come carne e latticini, è associata a un rischio di morte prematura inferiore del 27%.  

L’Adnkronos Salute ha chiesto un’analisi a Mauro Minelli, immunologo clinico e docente di Nutrizione Umana alla Lum. “Se è vero che una dieta non può essere solo tradizione, è altrettanto vero che essa va comunque considerata come un sistema relazionale che lega le pratiche alimentari quotidiane ad un territorio e alla sua biodiversità. E d’altro canto una dieta Planetaria da intendersi come modello alimentare che punta a ridurre il consumo eccessivo di carne rossa e zuccheri e ad aumentare l’apporto di cereali integrali, legumi, verdura, frutta, semi e noci, che non elimina completamente i prodotti di origine animale, ma ne riduce l’uso in modo significativo, non è granché dissimile da quella che oramai molti anni fa ricercatori americani poi stabilizzatisi in Italia riconobbero di grande valore medico e salutistico. Un metodo, una regola di vita legata al territorio e alla storia delle genti dei Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo”, dice il medico. 

“Alla luce di evidenza non più omissibili, non è possibile oggi sottostimare o addirittura ignorare la correlazione tra dieta e modulazione del microbiota: i macronutrienti influenzano la biodiversità e la produzione di metaboliti, con grassi saturi legati a infiammazione e insulino-resistenza, mentre grassi polinsaturi e un corretto equilibrio tra proteine e carboidrati hanno effetti benefici”, prosegue l’immunologo. 

“Affermare che questo modello di alimentazione sia strumento utile per la salute pubblica, coerente con il Green Deal europeo e con la necessità di garantire sostenibilità ambientale, resilienza e corretta transizione, è solo confermare quello che il 16 novembre 2010 l’UNESCO pose alla base della sua decisione di proclamare la Dieta Mediterranea Patrimonio immateriale dell’Umanità. Ciò che in più oggi si può dire e che davvero può fare la differenza rispetto a definizioni oramai consolidate ,e per certi versi ridondanti, è che l’innovazione scientifica – dalla nutraceutica allo sviluppo di alimenti funzionali – rappresenta una leva per sostenere stili alimentari più salutari e personalizzati”, avverte l’immunologo.  

Secondo Minelli, “non è più possibile trascurare il ruolo chiave svolto dai carboidrati complessi, soprattutto fibre non digeribili che, fermentate nel colon con produzione di metaboliti in grado in grado di regolare glicemia, motilità intestinale, termogenesi e rilascio di ormoni intestinali implicati nel controllo dell’appetito”. Alla luce delle evidenze scientifiche emerse sul ruolo del microbiota intestinale nella regolazione del metabolismo e nella prevenzione di patologie cronico-degenerative, “si rende necessaria una visione strategica che orienti le politiche pubbliche verso modelli alimentari più salutari, sostenibili e personalizzati, promuovendo al contempo percorsi di sviluppo futuri integrati tra salute, nutrizione, educazione e innovazione agroalimentare”, aggiunge.  

“La vera innovazione delle politiche nutrizionali pubbliche, sta nel riconoscendone l’impatto sulla salute collettiva e sul carico delle malattie non trasmissibili. Ciò – rimarca l’immunologo – implica incentivare il consumo di fibre e prebiotici attraverso linee guida dietetiche aggiornate, campagne educative e interventi normativi su etichettatura e riformulazione dei prodotti. L’inserimento di criteri microbiota-oriented nei programmi scolastici, ospedalieri e aziendali rappresenta una leva concreta per modificare i comportamenti alimentari su larga scala. L’innovazione nel campo della nutrizione personalizzata, in particolare attraverso lo sviluppo di alimenti funzionali ad alto valore microbiotico, rappresenta una delle frontiere più promettenti della medicina preventiva e della salute pubblica”.  

“Tali innovazioni richiedono una solida validazione scientifica, nuovi modelli regolatori e una sinergia tra ricerca pubblica, industria e sistemi sanitari. È fondamentale, inoltre, favorire l’accessibilità equa a queste tecnologie, affinché la medicina di precisione non diventi un privilegio, ma uno strumento di salute collettiva. In prospettiva, un approccio integrato che combini profilazione del microbiota, analisi nutrizionale e intelligenza artificiale potrà rivoluzionare la prevenzione primaria, spostando l’asse della medicina dal trattamento alla predizione e alla personalizzazione, con effetti positivi sulla qualità della vita e sostenibilità dei sistemi sanitari”, conclude.  

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webinfo@adnkronos.com (Web Info)

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