(Adnkronos) – Il disegnatore e giornalista Giorgio Forattini, autore di vignette di satira politica che sono state le prime ad essere pubblicate in prima pagina sui giornali e a cadenza quotidiana, tanto da guadagnarsi per lungo tempo il soprannome di “re della satira”, è morto all’età di 94 anni a Milano. Dal 1973, per quasi mezzo secolo, i suoi disegni che hanno ironizzato su vizi e virtù di tanti protagonisti della politica sono apparsi su “Paese Sera”, “La Repubblica”, “La Stampa”, “Il Giornale”, “Qn”, “L’Espresso” e “Panorama”. La notizia della scomparsa del vignettista che ha cambiato il modo di fare satira in Italia è stata data da “Il Giornale”, uno degli ultimi quotidiani con cui ha collaborato.
Nato a Roma il 14 marzo 1931, dopo la licenza liceale classica Forattini frequenta sia il biennio di architettura all’Università di Roma che l’Accademia di Teatro. Nel 1953 inizia a lavorare, dapprima come operaio in una raffineria di petrolio nel nord Italia, poi come rappresentante di commercio di prodotti petroliferi a Napoli e nel sud Italia. Nel 1959 torna a Roma da dove cura la rappresentanza di una casa discografica, prima come venditore, poi come direttore commerciale a Milano occupandosi della realizzazione di cataloghi di musica leggera e musica classica in Italia e negli Stati Uniti.
Tra il 1967 e il 1970 Forattini lavora in un’agenzia di pubblicità a Roma come illustratore e copywriter, creando campagne nazionali per la Fiat, l’Alitalia e altri importanti società. A quarant’anni entra come impaginatore grafico nel quotidiano romano “Paese Sera”, dopo aver vinto un concorso per disegnatori di fumetti indetto dal giornale stesso. Le prime vignette di satira politica appaiono a colori nel 1973 sul settimanale “Panorama” della Mondadori e su “Paese Sera” nel 1974. Di quel periodo rimane celebre la vignetta del 14 maggio 1974 pubblicata in prima pagina da “Paese Sera” in occasione della vittoria dei “no” al referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio, promosso dall’allora segretario della Democrazia cristiana Amintore Fanfani: Forattini disegna una bottiglia di champagne con un tappo, raffigurato con le sembianze dello statista cattolico, che vola in aria. Da allora le vignette di Forattini non passarono più inosservate al punto che la casa editrice Feltrinelli le raccolse in un volumetto, dal titolo “Referendum Reverendum” che, uscito nel 1975 fu subito un piccolo successo editoriale ristampato nel giro di breve tempo nella collana economica Universale Feltrinelli.
Alla fine del 1975, dopo essere diventato giornalista professionista, Forattini lascia “Paese Sera” per contribuire alla fondazione del nuovo quotidiano “La Repubblica” di Eugenio Scalfari: dopo aver collaborato al progetto grafico, entra stabilmente nella redazione come disegnatore satirico nella pagina dei commenti. Per il giornale di Scalfari, oltre a disegnare ogni giorno in prima pagina la vignetta, nel 1978 crea l’inserto “Satyricon”, il primo in Italia dedicato interamente alla satira, pubblicando alcune nuove firme, tra cui Sergio Staino ed Ellekappa. Nel 1978 per tre mesi è direttore del settimanale satirico “Il Male”.
Nel 1982 Forattini viene chiamato a “La Stampa” di Torino per rinnovare l’impianto grafico e gli viene affidata la vignetta satirica in prima pagina. Contemporaneamente cura l’immagine e il lancio della campagna pubblicitaria della Fiat Uno e, per quattro anni, quella di prodotto dell’Alitalia. Alla fine del 1984 torna a “La Repubblica” dove continua a pubblicare una vignetta al giorno in prima pagina. Sempre nel 1984 comincia a collabora anche al settimanale “L’Espresso”, fino al 1991, anno in cui torna a “Panorama”, dove collabora fino al 2009.
Il 30 dicembre 1999, in seguito a una querela per una vignetta dell’allora presidente del Consiglio Massimo D’Alema (raffigurato intento a purgare col bianchetto i nomi del dossier Mitrokhin), Forattini lascia “La Repubblica”, allora diretta da Ezio Mauro, e ritorna nel 2000 a “La Stampa” di Torino, su invito dell’editore Gianni Agnelli, cui collabora per cinque anni. Dal 2006 al 2008 pubblica sul quotidiano “Il Giornale” di Milano e dal 1 agosto 2008 a fine 2009 collabora con “Qn – Quotidiano Nazionale”, “Il Giorno”, “La Nazione” e “Il Resto del Carlino”.
Dalla sua produzione di oltre diecimila vignette sono stati pubblicati 55 libri da Mondadori, che hanno venduto più di tre milioni di copie. Con Mondadori sono apparse anche le ultime due antologie delle sue vignette: “Il Forattone. 1973-2015” (2015) e “Arièccoci. La Storia si ripete” (2016). Il suo ultimo libro è “Abbecedario della politica” (Clichy, 2017), che illustra come nasce una vignetta.
Nella sua lunga carriera Forattini ha ricevuto molti riconoscimenti, tra i quali: il Premiolino, il Premio di Umorismo di Bordighera, il Premio Tolentino e il Premio di satira di Forte dei Marmi, nel quale ha anche fatto parte della giuria per diversi anni, il Premio Hemingway, il Premio Pannunzio, il Premio Speciale Ischia Internazionale di Giornalismo, il Premio Acqui Storia. Ha ricevuto la cittadinanza onoraria del Libero Comune di Zara in Esilio, la Civica benemerenza a Trieste e la cittadinanza onoraria ad Asti. Nel 1997 ha ricevuto l’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano e nel 2011 il Premio Nazionale Culturale di Torre di Castruccio presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara.
Le vignette di Forattini non hanno fatto solo sorridere, ma anche arrabbiare taluni esponenti politici presi di mira. Ma non sono nate solo polemiche: in venti casi il disegnatore è stato anche querelato “solo da esponenti della sinistra”. “La sinistra non accetta la satira quando le è rivolta contro”, disse in un’intervista del 2008.
Giorgio Forattini è stato criticato anche dal Vaticano, in particolare nel 1982 per una vignetta su Giovanni Paolo II e Lech Walesa. Nel 1987 è Forattini a citare in giudizio la Dc per una sua vignetta su Salvatore Ligresti, trasformata in un manifesto.
Gli anni di Tangentopoli gli hanno dato materia per arricchire la sua galleria di caricature, ma Forattini si è rammaricato di non poter attaccare Primo Greganti, Achille Occhetto e il Pds sul fronte tangenti. In quel periodo il vignettista, unico in Italia a lavorare sia per un giornale del gruppo Berlusconi (“Panorama”) sia per il quotidiano diretto allora da Scalfari, dicendo di trovarsi “benissimo” in questo doppio ruolo, ammise però nel 1993 di non essere completamente libero a “La Repubblica”: “Censura non è la parola giusta – precisò – Con Scalfari ci sono liti furibonde su certe vignette ma se qualche politico si lagna lui gli risponde: ‘Alt, Forattini è zona franca’”.
Nel 2000 Forattini attaccò Scalfari e Giorgio bocca nella sua settimanale vignetta “Mascalzonate” su “Panorama”. Il disegnatore tratteggiò con inclemenza i due colleghi (Bocca è sulla sedia rotelle, Scalfari, incurvato, lo spinge) e faceva dire al fondatore di “La Repubblica”: “A Giò, t’aricordi quanno combattevamo er nemico sulle montagne?” Bocca, seduto con fiasco e fucile in mano, rispondeva: “Ammazzavamo, fucilavamo! Mica abbiamo fatto la Repubblica con queste cretinate della satira!”.
Le vignette di Forattini hanno spesso lasciato il segno, se non addirittura provocato accesi dibattiti. Memorabile resta per la discussione che provocò nella sinistra una vignetta della fine degli anni ’70 in cui si vedeva Enrico Berlinguer, segretario del Pci, seduto su una poltrona nella sua abitazione, vestito in vestaglia mentre leggeva “Il Manifesto” di Karl Marx, imperturbabile nonostante dalla finestra si udissero le proteste degli operai..
Altrettanto dibattute furono le vignette che mostrarono agli inizi degli anni ’80 l’allora presidente del Consiglio Giovanni Spadolini completamente nudo e le parti intime coperte solo da una foglia di edera, simbolo del suo Partito repubblicano. Al re della satira non mancarono attriti neppure durante la lunga presidenza del Consiglio del socialista Bettino Craxi raffigurato con la mascella volitiva e gli stivali neri che ricordavano la figura di Benito Mussolini. Fu anche querelato e condannato per una vignetta su Craxi, nella quale il leader socialista venne raffigurato mentre legge “La Repubblica” e commentava “Quanto mi piace questo giornale quando c’è Portfolio!” (Portfolio era un concorso allegato al giornale), con l’implicazione evidente che Craxi fosse un borseggiatore, scrisse il giudice. Nell’aprile 1993, in piena stagione di Mani Pulite, raffigurò Craxi, in camicia nera, a testa in giù con un cappio legato ai piedi: la vignetta alludeva alla notizia del voto contrario del Parlamento per il rilascio delle autorizzazioni alla Procura di Milano a procedere contro il leader socialista.
Uno dei principali motivi del successo di Forattini è stata proprio la caratterizzazione macchiettistica e irriverente dei politici: Giovanni Goria invisibile, Piero Fassino scheletrico, Giuliano Amato come Topolino, Silvio Berlusconi e Amintore Fanfani bassi di statura, Walter Veltroni come un bruco, Lamberto Dini come un rospo, Rocco Buttiglione come una scimmia, Nicola Mancino come un cinghiale, Luciano Violante come una volpe, Romano Prodi come un prete comunista, Umberto Bossi come Pluto talvolta nudo oppure vestito da cavaliere templare, Vincenzo Visco come un vampiro e Carlo Azeglio Ciampi come un cane, Rosa Russo Jervolino come una gallina. Forattini non è mai stato tenero neppure con Achille Occhetto (raffigurato come Charlie Brown) ai tempi della fatidica “Cosa”, ovvero la fase di passaggio dal Pci al Pds, tra la caduta del Muro di Berlino nel novembre 1989 e il 1991.
Ma il peggior rapporto di Forattini è stato certamente quello con Massimo D’Alema, raffigurato come Adolf Hitler (ma in veste comunista). Un primo scontro con Botteghe Oscure risale agli inizi degli anni ’90 quando cominciarono a giungere in Occidente, in seguito al dissolvimento dell’Unione Sovietica, notizie sul finanziamento del Pcus ai partiti comunisti fratelli, fra i quali quello italiano. Una vignetta di quel periodo suscitò le ire della loro gruppo dirigente del Pds: intitolata “Io rublo, tu rubli”, apparve sul settimanale “Panorama”. Un’altra vignetta del 1991 raffigurava Achille Occhetto e Massimo D’Alema che, vestiti da prostitute, ricevevano del denaro da Michail Gorbaciov, seduto in una lussuosa macchina al cui volante si trovava Enrico Berlinguer. Occhetto e D’Alema querelarono Forattini e il Tribunale di Milano condannò il disegnatore con la motivazione che “la vignetta non è pura e semplice espressione satirica ma vero e proprio veicolo di informazione giornalistica e, come tale, assoggettata ai limiti propri del diritto di cronaca”.
Il caso più clamoroso è stata la vignetta dedicata a D’Alema e pubblicata su “La Repubblica” l’11 ottobre 1999: raffigurava l’allora presidente del Consiglio mentre con un bianchetto cancellava i nomi della lista Mitrokhin e una voce che gli chiedeva: “allora arriva ‘sta lista??!!” e D’Alema: “Un momento! Non s’è ancora asciugato il bianchetto!”. D’Alema querelò il disegnatore e chiese un risarcimento di 3 miliardi di lire. In seguito a questa vicenda, non sentendosi difeso dal suo quotidiano, Forattini decise di lasciare “La Repubblica” a fine 1999. Successivamente per protesta nei confronti della querela e in difesa della libertà di satira disegnò per vari mesi D’Alema senza volto, con i soli capelli e baffetti disegnati. Nel marzo 2001 l’ex premier post-comunista rinunciò alla richiesta del maxi risarcimento: la pace siglata dai rispettivi avvocati evitò al giornalista satirico il processo. Il caso fu archiviato con una dichiarazione di Forattini che diceva di “aver voluto esclusivamente fare della satira, senza alcun riferimento a fatti reali”.
Tra le miriade di disegni di Forattini, resta celebre anche la vignetta con cui nel 1992, pochi giorni dopo la strage di Capaci in cui perse la vita il magistrato Giovanni Falcone, ritrasse la Sicilia identificandola idealmente alla testa di un coccodrillo che piange in seguito all’accaduto. (di Paolo Martini)
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