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Dalla torre di Babele al traduttore automatico dell’AI: il colpo di coda della globalizzazione

Nello studio al Coris di Mario Morcellini, pater e dominus della teoria della comunicazione in Italia, c’erano delle bellissime stampe raffiguranti la torre di Babele. Morcellini amava collezionarle e ha sempre ritenuto centrale quell’episodio apparentemente secondario della narrazione biblica, quasi sicuramente derivato da testi molto più antichi di tradizione sumerica.

Nella nostra leggera riflessione qui poco conta che a confondere le lingue dei sopravvissuti al diluvio sia stato Enki o Adonai, così come è irrilevante se la colpa degli uomini fosse la sfida a dio o la volontà di creare una città (società) centralizzata, unica, con una sola ideologia e la medesima lingua. Quel modello blasfemo di proto-imperialismo fu punito dalla divinità. Ma il seme di una nuova ribellione era già stato piantato:  Enmerkar, signore di Uruk, aveva inventato la scrittura.

Andiamo avanti di 5000 anni e guardiamo il presente.

Il quadro attuale vede la superpotenza americana nella sua fase recessiva tardo-imperiale, una Cina bloccata dal sistema del partito unico, una Russia autonoma ma isolata, un bel po’ di conflittualità (Est/Medioriente) e un’Africa ancora al palo.

Le terre sono ancora divise e si parlano molteplici lingue. Però sta per succedere qualcosa, qualcosa di oggettivo: l’arrivo di una lingua unica, o meglio la possibilità di ottenere lo stesso effetto. E questa insperata – mi spingo a dire – certezza ce l’ha portata l’Intelligenza Artificiale.

Determinate innovazioni tecnologiche cambiano la storia e prescindono giudizi o interpretazioni: sono e basta. La prima fu la scrittura, che ha consentito la trasmissione efficiente della conoscenza; la seconda è stata l’applicazione dell’energia alla produzione, che ha dato il via alla rivoluzione industriale e scientifica. La terza è stata la rivoluzione digitale, che ha consentito il passaggio dalla tecnologia meccanica e dall’elettronica analogica a quella digitale.

La storiografia poi deciderà se Internet e l’Intelligenza Artificiale saranno poi da ascrivere alla terza innovazione o l’AI merita la quarta fase.

Fatto sta che la nuova tecnologia è destinata ad espandersi e a permeare questa nuova fase della civilizzazione umana. Le vicende politiche ci diranno poi se questa innovazione che è nata negli Stati Uniti sarà l’arma definitiva per un rinnovato dominio americano o aprirà scenari inediti.

La tecnologia di traduzione automatica della lingua è comunque già una realtà e tra pochi anni raggiungerà uno standard tale, per qualità e incorporazione, da essere uno strumento della nostra quotidianità.

Una quotidianità che allargherà nostri confini, riporterà in vita la globalizzazione e annullerà i confini geografici.

Detto in altri termini, il grimaldello di una nuova koiné linguistica (facile, gratuita e senza sforzo di imparare alcuna lingua nuova) andrà a disintermediare anche il ruolo delle nazioni.

Che poi questo porti alla repressione e al controllo da parte dei regimi nazionali (e in Cina già ci siamo) e a una dipendenza dalla AI che ci renderà tutti sempre più ignoranti e smemorati, questo è tutt’altro discorso sul quale possiamo solo moraleggiare a vuoto. Il processo è già avviato.

Chi infatti giustamente fa presente che l’AI di pubblico accesso sia ancora una tecnologia acerba, perché utilizza database incompleti o modelli cognitivi di tipo probabilistico avrà ragione solo ancora per poco tempo. Il volano tecnologico ci porterà entro pochi anni a una AI avanzatissima.

Per rimanere nella perifrasi biblica dalla quale eravamo partiti, Mosè (l’AI) è ancora un neonato nella cesta di un fiume, ma il suo destino è diventare il fondatore di una nuova era.

Gianmaria Frati

© Riproduzione riservata

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Comunicazione si occupa di economia, trasporti e portualità. È laureato in Giurisprudenza ed appassionato di fotografia.
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